
Benjamin Fondane: storia fatale di un pensatore sovversivo
Luca Orlandini per Pangea News
Lettere veneziane (1816-1819)
Confezione regalo romantica, elegante e curata nei minimi dettagli; realizzata utilizzando diari scritti con penna stilografica e libri d’epoca, cordino di juta e sigillo in ceralacca De Piante.
pp. 216
Uscita: Agosto 2021
Traduzione e nota al testo di Paola Tonussi
Prefazione a cura di Giuseppe Scaraffia
chi ama amare, per chi crede che ogni avventura sia un abisso e vuole, in ogni circostanza, giganteggiare, preferendo il ‘bel gesto’ al quieto vivere.
Disponibile
Spedizione inclusa tramite corriere espresso
Bronzino Venere e Cupido (1545 ca.), London (UK), National Gallery
George Gordon Byron (1788-1824) è il poeta più rappresentativo del Romanticismo inglese. Fu l’emblema di una poetica del vivere, di una vita dissipata, tra amori assoluti e ideali estremi. Scrisse opere decisive "Il pellegrinaggio del giovane Aroldo, Don Juan, Mazeppa". Morì in Grecia, a Missolungi, per liberare i greci dalla dominazione turca. Fu talmente eccessivo da diventare un genere, il “byronismo”.
Venezia, “l’isola più verde della mia immaginazione”, è la città congeniale a Lord Byron: brillante e malinconica, lussureggiante, lussuriosa, lugubre. Il poeta vi arriva nel novembre del 1816, ricco di fama, inseguito dai pettegolezzi. Si era appena separato dalla moglie, la ricca Anne Isabella Milbanke, sposata per interesse; se la intendeva con la sorellastra, Augusta; aveva preso atteggiamenti crudeli, sprezzanti, tenebrosi. Venezia, dove abitò fino al 1819, fu una specie di resurrezione: il poeta si specchiava in quel labirinto di canali e chiaroscuri, il Carnevale – cioè il rovesciamento dei ruoli nella follia nottambula – corrispondeva al suo animo più profondo. Seduttore selvaggio, a Venezia Lord Byron collezionò conquiste: Mariana Segati, Margherita Cogni, la “Sibilla della tempesta”… Le donne, letteralmente, venivano alle mani per averlo: a Venezia conosce Teresa Gamba – ovviamente bellissima, ovviamente maritata – e va in estro per “la casta moglie di un fornaio... con grandi occhi neri e un bel viso da grazioso demonio”. Spesso si tratta di avventure di un giorno, bagliori sul dorso di un’esistenza in corsa. Le lettere veneziane, piene di morgane e di menzogne, di meraviglie narrative e di meravigliose cattiverie, sono il testamento di un poeta che prende la vita a morsi, un inno alla carne, al genio di ciò che è evanescente.
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Ascolta l’emozionante estratto del libro letto per noi dall’attrice Erika Urban.
Il testamento di un poeta che ha preso la vita a morsi.
Luca Orlandini per Pangea News
Davide Brullo per L’intellettuale dissidente
Pangea News
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